Memorie di Todd Hoover – 09 Novembre, 10:04

Diario di Samantha Spring – 09 Novembre, 10:04

Inizio registrazione a riconoscimento vocale.
«Buongiorno a tutti, sono Todd Hoover e, come saprete, terrò con voi cinque lezioni sulla comunicazione mediatica contemporanea. Parole per dire che parlerò del mio lavoro… così è molto più semplice, no? Per quelli di voi che non mi conoscono: sono un videomaker, nella mia carriera ho diretto circa una decina di lungometraggi e ora sono impegnato col settore pubblicitario. Nel 2123, assieme al dottor Brian Phibbs, ho migliorato e reso inimitabile un programma di simulazione grafica con cui poter creare film. Un cosuccia di cui sono molto fiero. Qualcuno sa di cosa sto parlando?»
Hoover vide una mano alzarsi tra la folla.
«Sì?»
«Parla dei Simulanti?» a rispondergli fu una voce femminile tanto sicura di sé da metterlo a disagio.
«Esatto: i Simulanti. Io e il dottor Phibbs abbiamo creato un processore di simulazioni emotive ed intellettive capace di riprodurre con impressionante esattezza gli esseri umani. Ma gli esseri umani senza una, come posso dire, locazione temporale e spaziale non sono nessuno, quindi abbiamo fatto in modo che la simulazione contenesse anche una mappatura del globo terrestre…»
La stessa voce femminile lo interruppe.
«Avete creato un mondo illusorio?»
«Bhé, illusorio è un termine negativo e un tantino enfatico, direi più una copia di quello che abitiamo noi.»
«Con gli stessi abitanti della Terra?»
Hoover attese un attimo prima di rispondere.
«No, il mondo di cui sto parlando non è perennemente abitato: gli abitanti vengono creati dal computer a seconda delle nostre esigenze filmiche. Per “nostre” intendo di noi videomaker. All’inizio si sceglie una scenografia in cui far recitare le proprie parti, una volta formata e migliorata di dettagli imposti dalla sceneggiatura, si inseriscono i Simulanti, questi possono rappresentare impersonificazioni viventi dei ruoli, il nostro compito è quello di dirigerle verso le richieste del copione.»
«Quindi sarebbero come personaggi ignari del loro ruolo recitativo?»
«Mh… Più o meno. Loro non possiedono un ruolo recitativo, perché di fatto non recitano, ma vivono. La complessità sta nel saperli dotare di una personalità utile a ciò che si vuole creare: una volta riprodotta la personalità basta farla vivere nel giusto contesto creato per avere gli sviluppi desiderati.»
«In pratica il suo lavoro si limita a questo? Creare personalità?»
«Non solo, il mio compito è anche quello di far coincidere i vari meccanismi del gioco, in modo da mettere in atto il copione scritto. Una volta raggiunto questo obiettivo sono sempre io a modificare le scene filmate fino a creare un unico film. O cortometraggio.»
«Non sembra facile.»
«Non lo è. Proprio per questo il dottor Phibbs mi è stato di grande aiuto: ha dotato i Simulanti di personalità base preimpostate, così da facilitarmi il compito della lavorazione pre-filmica. Io, principalmente, mi occupo dei dettagli. Dettagli caratteriali, dettagli fisici, dettagli scenografici, dettagli ambientali, dettagli…»
«E riesce a fare tutto questo da solo?»
«Sì, ma solo grazie agli animatori che sono passati prima di me. Senza il loro lavoro non avremmo mai raggiunto questo livello impressionante di realismo grafico; gente del calibro di Yusuke Katara, per fare qualche nome, han reso possibile la perfezione grafica delle animazioni tanto da rendere sottilissimo il confine tra Simulanti e attori in carne ed ossa; credo sia stato lui il capostipite di tutto questo, il mio lavoro non sarebbe stato possibile senza i suoi studi sugli algoritmi migliori da usare nel rendering. Gente come Katara, Loeper, Richard Palmer hanno reso possibile la velocità nell’uso del mio programma a cui devo tantissimo.»
La mano si abbassò, evidentemente soddisfatta dalle risposte.
«Qualcun altro ha delle domande, prima di iniziare a mostrarvi i vari procedimenti che portano alla creazione di una pellicola?»
I ragazzi mantennero un’espressione assente, la maggior parte di loro mascherava gli occhi con sottili occhiali trasparenti firmati Nestly e B.G.D..
“Proprio quello che temevo”, constatò, deluso, Todd.
«Nessuno nessuno?»
Speranzoso in una scintilla d’interesse, Hoover rimase in attesa per quindici secondi prima di sedersi e accendere il proiettore posto sul soffitto. Un’immagine bianca lo accecò, ricordandogli di doversi spostare dalla lavagna interattiva. Con voce stanca riprese a parlare:
«Ora vi mostrerò uno spezzone del mio lavoro prodotto dalla Disney: “Mr.Eatmoon”; in questa lezione vi spiegherò le mie scelte riguardo inquadrature e riprese in 3D. Spero in una vostra collaborazione, vorrei aprire un dialogo in modo da rendere più interessante questo corso per voi, e più piacevole per me. Stare a parlare da solo per tre ore è spossante, credo» sorrise.
Nessuna risposta dagli alunni.
Con nervosità si strinse la base del naso tra pollice e indice abbassando lo sguardo. “Cosa faccio?”
Rialzandosi con uno sguardo stizzito si spostò verso la centralina elettrica dell’aula e aprì lo sportello contenente quattro contatori approvati dall’Unione Europea e una dozzina di interruttori. Tra questi spense quello marchiato con la N chiusa in un riquadro verde. Il comunicatore a onde smise di dare segnale. Richiudendo lo sportello tornò a sedersi dietro la cattedra, esattamente davanti la luce bianca del proiettore. La maggior parte degli alunni si risvegliò bruscamente da un lungo sonno sbattendo con sorpresa gli occhi, alcuni di loro cercarono prontamente il cellulare per accertarsi fosse un problema di campo.
La classe si riempì di sussurri, un vociare indignato e preoccupato.
Todd Hoover incrociò le braccia e li guardò divertito.
Sembrava un dottore dal sorriso diabolico, un malvagio chirurgo fantasma uscito da chissà quale clinica. Ma il vero punto di vista interessante era il suo, quello di Todd Hoover: in quel momento in tutta probabilità non vedeva altro che delle ombre circondate da un alone di latteo candore.
«Prima regola: nel MIO corso il comunicatore sta chiuso. Niente Nestly, niente occhiali per i collegamenti, niente distrazioni. Siamo intesi?»
No, non lo erano.
«Non voglio stare a discutere su questo; non so nemmeno come il professor Roy vi permetta i collegamenti durante le lezioni! Siete qui per imparare, per interessarvi a ciò che avete scelto come futura attività, non per perdervi nel web.»
Il brusio si affievolì, intimorito dal tono dell’uomo.
«Siete infantili, vi iscrivete in istituti privati con i soldi dei vostri genitori o con le borse di studio vinte grazie ai bandi statali e li sputtanate in questo modo. Quanto avete imparato fino ad ora? In che… in che anno siete?»
«Secondo.
«Sì, secondo» risposero altri di loro.
«E cosa sapete fare al secondo anno? Io alla vostra età mi stavo preparando a partecipare a due dei più prestigiosi concorsi cinematografici europei.»
Silenzio.
Todd cercò vanamente con lo sguardo la ragazza delle domande, l’unica che gli aveva trasmesso un filo di interesse, ma non sapeva dove guardare. Decise di spegnere il proiettore per focalizzare meglio l’aula, ma l’azione gli fece perdere l’alone di severità poco prima acquisito.
Riprese a parlare:
«Come fate a vivere senza interessi? Come fate a realizzare i vostri sogni in questo modo pieno d’inconsistenza?  Non… non dicono nulla i vostri genitori? Sono fieri di voi? Sono domande che mi faccio di continuo quando vedo uno di voi..»
«Voi chi?»
«Voi Connessi! Voi che passate tutto il tempo della vostra vita in un mondo che non vi…»

Si fermò bruscamente: stava per dire “che non vi appartiene”, ma non era la verità. Nestly non apparteneva a nessun altro quanto alla loro generazione, ciò che non gli apparteneva era il mondo concreto, non Nestly. “Il mio mondo”, pensò con sconcerto.
“Hanno due concetti differenti di esistenza, il tempo che passano nelle loro camere di collegamento è quello che conta secondo il loro punto di vista, la realtà è solo un processo intermedio finalizzato alla connessione: paradossalmente il loro corpo potrebbe raffigurare una barriera, un ostacolo ai loro interessi concentrati all’interno del social network più sfruttato dell’intero pianeta.”
Hoover batté le dita contro la superficie della scrivania con fare pensieroso.
Era preoccupato, l’idea di essere stato escluso da un fenomeno sociale così importante ed esteso a livello globale lo inquietava; tutto d’un tratto si sentì invecchiato e distante dal secolo in cui viveva da 31 anni.
“I moderatori, dopo l’ultima mossa intollerante verso Helen, mi avranno bloccato l’account a tempo indeterminato. Sicuramente sarò costretto a sborsare un sacco di soldi per riavere il permesso di accesso, cosa che non sono disposto a fare.”
L’idea, per qualche oscuro motivo, lo infastidiva. Lo infastidiva fino a prendergli lo stomaco in una morsa di angoscia.
C’era un’alternativa – ci sono sempre delle alternative, una piccola certezza che aveva maturato con soddisfazione durante la propria carriera all’interno del settore cinematografico –, ma non era sicuro della sua legalità: rimediare un falso profilo con cui poter entrare.
Rientrare in un mondo che non gli era mai appartenuto…
Batteria in esaurimento.
Fine registrazione.

Samantha Spring

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10 risposte a Memorie di Todd Hoover – 09 Novembre, 10:04

  1. arielisolabella ha detto:

    La faccenda si fa sempre più’ interessante .mi ricorda the trumanshow …bravo Scaglia!

  2. johnnystecchino ha detto:

    Stavo pensando che fare il moderatore per Nestly potrebbe essere una cosa che aiuta a pagarsi la retta.

    (Sbaglio o c’è una sottile critica a chi smanetta sul pc durante lezione?)

    • zanzathedog ha detto:

      I moderatori che si mordono la coda 😀

      Questo pezzo l’ho scritto ad Ottobre, a Gennaio mi sono reso conto che avevo previsto con sinistra accuratezza lezioni di Sociologia e Semiotica. È stata un’esperienza pazzesca trovarmi dentro un post di Todd Hoover 🙂

  3. Rocco R. ha detto:

    Credo che ora mi tocca punire me stesso per tutto il tempo che ho sprecato e per l’ozio di cui ho abusato.

    Comunque credo tu stia scrivendo qualcosa di davvero, davvero valido. E so che lo ripeto ad ogni nuovo post su tiacca ma non ci posso fare niente.

    • zanzathedog ha detto:

      Ormai la nostra società t’impone di sprecare tempo ed oziare, il problema è che sono azioni che creano dipendenza. E nemmeno quelli che se ne rendono conto riescono facilmente ad aggiustare il tiro (io non ci riesco).

      La ripetitività, quando così piacevole, è sempre buona e giusta! Io continuo a ringraziarti tantissimo per le tue belle parole 🙂

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